L’Islandia in stand-by: donne in lotta per i loro diritti! Stop alla disparità salariale attuata dalle aziende

In Islandia, una rivoluzione silenziosa sta scuotendo il Paese. Un’ondata di indignazione e determinazione si è diffusa tra le donne islandesi, che si sono stancate della persistente disparità salariale rispetto agli uomini. E così, dopo ben 48 anni, si è verificata la prima grande mobilitazione per ottenere la completa uguaglianza di genere in tutti i settori lavorativi.
La protesta ha invaso molte città islandesi, come Akureyri, situata a nord, dove centinaia di persone si sono riunite per esprimere il loro sostegno a questa causa fondamentale. Anche nella capitale Reikiavik, le manifestazioni hanno attraversato le strade principali, come Hverfisgatu, culminando in un’enorme protesta nel cuore della città, come riportato dal prestigioso quotidiano locale ‘Visir’.
Ma non solo le donne comuni hanno dato voce al loro dissenso, anche gruppi organizzati di donne si sono uniti in questa lotta, con una menzione speciale all’isola di Hrísey, dove eventi sono stati pianificati per l’intera giornata. Circa 10.000 persone si stima abbiano partecipato a queste manifestazioni, un numero strabiliante che rispecchia l’importanza e la gravità di questa problematica.
E non solo il popolo, ma anche la stessa classe dirigente islandese si è unita a questa battaglia. La prima ministra, Katrin Jakobsdottir, insieme ad altri eminenti membri del suo governo come la ministra della Giustizia, Gudrun Hafsteinsdottir, e quella della Cultura, Lilja Alfredsdottir, hanno partecipato attivamente alla protesta. Il governo ha anche stanziato 10 milioni di corone, pari a circa 67.000 euro, per finanziare progetti mirati all’uguaglianza di genere.
E ciò che è interessante è che anche le donne che lavorano in settori cruciali dell’economia del paese, come quello della pesca, dell’educazione e dell’assistenza sanitaria, hanno aderito alla protesta. Ciò dimostra l’importanza e l’urgenza di questa questione, tanto da poter paralizzare l’intero paese, almeno per alcune ore.
Il presidente dell’Islanda, Guoni Thorlacius Johannesson, ha riconosciuto l’importanza di questo movimento, sottolineando come l’attivismo delle donne continui a influenzare positivamente la società. Ha ricordato il grande movimento del 1975, che ha portato all’elezione di Vigdis Finnbogadottir come prima presidente nella storia del paese, nel 1980.
La prima dama, Eliza Reid, ha sottolineato la determinazione delle donne e delle persone non binarie nel dimostrare quanto sia essenziale il loro contributo alla società. Nonostante siano trascorsi quasi 50 anni da quel movimento del 1975, la completa uguaglianza sembra ancora un obiettivo lontano.
Nonostante l’Islandia sia spesso vista come un esempio di parità di genere, la disparità salariale rimane significativa. Le donne, in alcune professioni, guadagnano ancora fino al 21% in meno degli uomini. Inoltre, si stima che il 40% delle donne sia vittima di violenza, sia essa fisica o psicologica.
Questa mobilitazione ha avuto un impatto tangibile sulla vita quotidiana: il traffico nelle strade si è notevolmente ridotto, un segno tangibile dell’ampia adesione alla protesta, soprattutto nella capitale. La voce delle donne islandesi si sta facendo sentire, e il Paese si sta svegliando a una nuova era di cambiamento e uguaglianza.